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Dal prezzo al valore: l’evento HonestFood sulla filiera dell’olio EVO italiano
L’Osservatorio HonestFood, avviato lo scorso anno dall’associazione HonestFood in partnership con LIUC Business School con l’obiettivo di promuovere una più equa distribuzione del valore e delle retribuzioni nella filiera agroalimentare, presenta lunedì 13 ottobre a Milano i primi risultati della ricerca sulla filiera dell’olio extravergine di oliva. L’incontro, in programma a Palazzo Bovara in Corso Venezia alle 17, nasce con l’obiettivo di aprire un confronto tra produttori, distributori, esperti, istituzioni e consumatori sulla necessità di superare un modello orientato esclusivamente al prezzo più basso, per abbracciare una visione che promuova qualità e sostenibilità al fine di costruire modelli più equi, capaci di salvaguardare la nostra agricoltura e restituire dignità al lavoro nei campi.
L'Osservatorio ha condotto un’indagine qualitativa e quantitativa sulla filiera dell’olio Extra Vergine di Oliva (EVO), con analisi di casi aziendali e oltre 200 interviste ai consumatori per scoprire cosa c’è davvero dentro una goccia di olio extravergine d’oliva e come HonestFood potrebbe diventare il garante di un olio italiano buono, etico, salubre, venduto a un prezzo accessibile e di una filiera sostenibile.
La filiera dell’olio extravergine d’oliva italiano è simbolo della dieta mediterranea e della nostra cultura contadina, ma è oggi in profonda crisi.
“In trent’anni la produzione nazionale si è quasi dimezzata, mentre paesi come Spagna, Turchia e Tunisia hanno conquistato il mercato globale con grandi volumi a prezzi competitivi e strategie aggressive” spiega Giacomo Pedranzini, ideatore e presidente di HonestFood e amministratore delegato di Kometa, azienda distintiva nel settore della trasformazione delle carni. “L’olio italiano è un patrimonio da difendere. Accanto alla contrazione produttiva, pesa anche la perdita della proprietà dei grandi marchi storici italiani, da Bertolli a Sasso, da Carapelli a Berio, oggi passati in mani estere (spagnole e cinesi), con il rischio che il “Made in Italy” diventi solo un’etichetta senza contenuto” aggiunge.
La fotografia scattata dall’Osservatorio HonestFood inquadra una filiera polverizzata e senza potere contrattuale. L’olivicoltura italiana è oggi composta da migliaia di piccole realtà produttive, spesso situate in aree marginali e svantaggiate. Una frammentazione che, senza forme di cooperazione strutturate (si veda per esempio Finoliva, struttura della produzione che lavora solo prodotto italiano e che è in grado oggi in Italia di fare concertazione del prodotto e stare sul mercato italiano ed estero), rende difficile la sopravvivenza economica dei produttori. Gli uliveti tradizionali, con piante secolari e una lavorazione prevalentemente manuale, producono oli di altissima qualità, ma con costi superiori che il mercato non sempre riconosce. “Anche le imprese di piccole e medie dimensioni, società agricole, frantoi, distributori, possono tuttavia avere una performance reddituale molto positiva anche se, salvo pochissime eccezioni, le aziende di maggiori dimensioni hanno comunque una performance superiore” analizza Andrea Venegoni, Associate Dean Research & Application for Business, LIUC Business School.
“L’analisi della ripartizione del valore nella filiera evidenzia come nelle produzioni di base italiane la maggior parte del valore rimanga in agricoltura, ma nei segmenti premium è la distribuzione ad assorbire fino al 50% del valore. Un sistema che rischia di penalizzare proprio chi produce qualità, cultura e biodiversità” aggiunge la professoressa Chiara Mauri, direttrice dell’Osservatorio HonestFood-LIUC.
La ricerca condotta evidenzia anche l’estrema variabilità dei prezzi di vendita dell’olio EVO nei diversi canali distributivi: fino al 50% di differenza per lo stesso prodotto da un’insegna all’altra. Sotto osservazione anche le vendite sottocosto e l’uso massiccio delle promozioni, strumenti che sviliscono il valore percepito dei prodotti e che penalizzano le produzioni di qualità.
Per i consumatori orientarsi nella scelta di un olio è dunque sempre più complicato. Le tecnologie di tracciabilità basate su blockchain, oggi applicate da realtà virtuose come Alce Nero, Finoliva e Megamark, dimostrano come sia possibile offrire al consumatore finale trasparenza e garanzie reali sull’origine e la qualità del prodotto. Ma cosa orienta davvero la scelta? I risultati del sondaggio sui criteri di scelta dell’olio dimostrano che il consumatore guarda soprattutto alla qualità, al prezzo e alla provenienza delle olive: il territorio fa la differenza.
La presenza di un marchio HonestFood potrebbe orientare la scelta, determinando un effetto alone proprio sulla percezione della qualità dell’EVO. HonestFood per il consumatore significa maggiore controllo sulla produzione, maggiore sostenibilità, maggiore genuinità. Dovendo scegliere tra un EVO realizzato con metodi tradizionali e legati a un territorio e un EVO focalizzato sulla sostenibilità, il 69% dei consumatori acquista il primo: il “traditional halo” supera il “sustainability halo” perché richiama i valori di identità culturale e autenticità, tipici della cultura italiana.
Nel corso dell’incontro, moderato da Angelo Frigerio direttore di Alimentando, interverranno anche Mariella Cerullo, direttrice marketing e affari generali di Oleificio Zucchi, Roberta de Natale, quality and sustainability manager Food Crai, Domenico Canzoniero, NdB Marketing Consapevole e direttore editoriale Green Retail News, Luigi Caricato, oleologo, autore, ideatore del Progetto Olio Officina, Emanuele Plata, membro dell’Accademia Nazionale dell'Olivo e dell’Olio, Paolo Mamo, presidente PLEF e Matteo Scibilia, chef, consigliere EPAM/FIPE Milano.